Mi capita spesso di fare questa domanda. Il cliente di turno mi guarda incuriosito, come se stessi sollevando una domanda ovvia quanto nuova.
“Ovvio, certo che valgono!” pare esser la sua risposta.
“Perchè?” chiedo io.
“Mhhh”. Raramente ricevo una risposta.
Un noto principio della fisica dice, se non ricordo male, che nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma. Ebbene, credo che tale regola si possa applicare anche a molti altri settori, dall’innovazione al design, per citarne due abbastanza diffusi. Anche in tali campi – in definitiva – le nuove idee non sono quasi mai l’esito di una folgorazione illuminante, quanto piuttosto il frutto di una ricerca, la sintesi più o meno intelligente di quanto giace nel faldone, nel file, o alla rinfusa sul tavolo alla voce “ricerche”.
E allora? Se vale, e ovviamente ha il suo pregio in quanto segreto, perchè nel momento in cui rivolgo la seguente domanda trovo solo imbarazzato silenzio?
Chiedo infatti: “se valgono, le ricerche, come le proteggete?”.
Eh sì, perchè di norma esse sono appese ai muri della sala riunioni, lasciate sui tavoli, rinchiuse in file accessibili a tutti…
Insomma: tutto sono tranne che segrete!

Quello delle ricerche è solo uno spunto per parlare di un tema più generale: i segreti industriali. Per esser tali (e soprattutto per esser protetti, anche da norme penali) infatti la legge pretende non solo che tali segreti abbiano un valore (perché rendono più competitivo il detentore per esempio, ma non solo), che non siano banali (ossia che ad essi non possa giungere qualsiasi protagonista del mercato), ma anche che essi siano “Protetti” con misure tecniche e organizzative.
Ecco. Qui sta il punto. A parole son “segreti”, “hanno valore”. Ma poi, di fatto, sono gli imprenditori i primi a lasciar aperta la porta a chi li voglia, diciamo, “sbirciare”, per usare un eufemismo. E la ratio della norma è semplice: se è l’imprenditore il primo a non dar segretezza ad un contenuto, perchè lo dovrebbe far la legge?
Insomma: chi è causa del suo male, pianga se stesso.

Federico Vincenzi